Protocollo per una scuola aperta, diffusa e all’aperto
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Spett 5 circolo didattico Asti

gent. D.S. prof. Ventimiglia

spett. Consiglio 5 Circolo didattico Asti

spett. assessorato istruzione comune di Asti

gent. ass. dott. Elisa Piietragalla

noi sottoscritti insegnanti della scuola primaria di Serravalle d’Asti, a seguito di riflessioni scaturite nello specifico contesto storico che condurrà la scuola italiana a riprendere le attività in presenza,

viste

le raccomandazioni ministeriali che segnalano l’utilità logistica ed educativa di pratiche di didattica all’aperto,

considerate

le esperienze di scuola all’aperto in fase di attivazione presso gli istituti di di Collegno, Mosso, Trivero , l’IC Griselli di Riparbella, e altre realtà sul territorio nazionale,

condividendo

la Vostra premura nella tutela della salute delle alunne ed alunni e di tutto il personale scolastico,

ricercando

la miglior armonizzazione tra la scrupolosa osservanza delle linee guida ministeriali per la riapertura in sicurezza, e le specificità della pratica educativa-didattica adottata nelle classi del plesso

valutando

che da un primo sondaggio informale e dalla risposta entusiastica delle famiglie alle attività extrascolastiche estive di recupero relazionale e degli apprendimenti,

proponiamo

il seguente protocollo per la riapertura della scuola di Serravalle in modalità aperta, diffusa ed all’aperto.

sostenuti

dal comitato scientifico di riferimento e dal comitato Comitato UNICEF di Asti, che ravvisa in tale progetto non solo la rispondenza ai criteri stabiliti per il rispetto dei diritti dell’infanzia, ma anche la promozione di una didattica ed una educazione di qualitá, volta al pieno sviluppo del potenziale di ogni bambino riconosciuto nei suoi bisogni individuali.

Perchè?

1 attenzione alla persona nei suoi specifici bisogni evolutivi, emotivi e cognitivi

Dopo mesi di limitazione dei contatti sociali e di difficoltà nella offerta delle relazioni tra pari, riteniamo urgente ed essenziale approntare una proposta educativa che ponga argine al trasferimento in virtuale di contatti ed interazioni, ed accogliere il grande bisogno di contenimento emotivo di bisogni sociali di grande importanza per tutto il futuro sviluppo della persona. quali l’interazione conflittuale e la negoziazione dei significati che fa progredire la conoscenza, il gioco , l’apprendimento cooperativo, l’associazione di idee, l’inferenza basata su esperienza, la sensorialità, il confronto, la concertazione.

In età infantile sono presenti vere e proprie finestre evolutive attraverso le quali schemi cognitivi ed approcci sociali si strutturano, tanto da influenzare comportamenti e processi, non solo nel presente ma anche nel futuro. La sperimentazione di situazioni e contesti reali permette ai bambini un forte aggancio motivazionale che, se sostenuto da riflessione e metacognizione, supporta lo sviluppo di un sé armonico ed equilibrato.

È dimostrato che la perdita di occasioni importanti quali quelle sopra delineate provoca deprivazioni che, superati i periodi critici, non sono più recuperabili.

2 educazione esperienziale all’aria aperta

l setting outdoor metterà i bambini in una condizione esperienziale di educazione naturale volta a creare strette connessioni tra bambino e ambiente, poiché la natura produce grandi sensazioni di benessere in chiunque la abiti.

Nel contesto della scuola outdoor, i bambini vengono più facilmente seguiti nel loro processo di crescita nel rispetto dei bisogni individuali, offrendo loro dei percorsi educativi che favoriscono l’espressione delle diverse intelligenze e la maturazione della loro personalità, della socializzazione, della creatività, offrendo una grande opportunità di attenzione alle emozioni, di relazioni significative, di gioco libero e di scoperta positiva del mondo.

All’interno di In questa prospettiva, molte sperimentazioni innovative si sono sviluppate non solo all’interno di esperienze internazionali nordeuropee di più lunga tradizione, ma per meritoria iniziativa di quelle realtà locali che hanno positivamente investito in questo settore.

La realizzazione di attività all’aperto – nella presente circostanza – rappresenta peraltro un importante elemento in ordine alla possibilità di garantire che l’esperienza dei bambini si realizzi in un ambiente per sua natura aerato ed in condizioni favorevoli al richiesto distanziamento fisico.

Si ritiene che la individuazione e la realizzazione delle migliori soluzioni non possano che passare attraverso l’approccio collaborativo, tenuto conto che sia le istituzioni scolastiche (vd. a titolo di 10 esempio l’art. 231 del d.l. 34/2020), sia gli Enti locali, con separate procedure, sono stati dotati di appositi finanziamenti finalizzati, per le scuole, all’adattamento degli spazi interni ed esterni per lo svolgimento dell’attività didattica in condizioni di sicurezza, inclusi interventi di piccola manutenzione, nonché ad interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione dei laboratori (da: Piano scuola 2020-2021, Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione.)

3 educazione diffusa

Ogni ambiente, con questo approccio, diventa potenzialmente un’opportunità educante a disposizione della comunità , permettendo al contempo una grande valorizzazione sociale ed etnografica delle professionalità e delle realtà culturali, artigiane e produttive del territorio, al contempo fornendo possibilità per la sperimentazione di una scuola in movimento, attiva, pienamente inserita nel contesto di riferimento e in interazione dinamica con esso.

Con la nostra equipe di insegnanti che adottano la metodologia “bimbisvegli”, numerosi volontari e grazie al costante confronto con il comitato scientifico di riferimento (composto dalla prof.ssa Anna Oliverio Ferraris, prof.ssa Paola Nicolini, prof. Giuseppe Paschetto, dott. Gianni Marconato, avv. Antonino Attanasio, prof. Paolo Mottana, arch. Giuseppe Campagnoli, avv. Antonino Attanasio) abbiamo sperimentato in via informale ma strutturata, per tutto il mese di luglio, la modalità di scuola all’aperto e diffusa per la totalità del tempo, questo perché all’aperto i rischi infettivi risultano essere infinitamente minori e perché vogliamo offrire agli alunni una riapertura in presenza in cui “l’altro” continui ad essere percepito come una risorsa ed un riferimento, non un pericolo.

Ora ci accingiamo a mettere a disposizione dell’istituzione scolastica questa modalità di scuola diffusa , aperta ed all’aperto, per una sua attuazione in contesto di tempo scuola strutturato.

Abbiamo messo in campo diverse risorse in modo da garantire anche attrezzature ed arredi tali da permettere la scrittura su piano di lavoro e riparo in caso di maltempo: a tal fine abbiamo sondato la disponibilità di realtà associative e private del territorio, in modo da costituire una rete di patti educativi di comunità che permettano lo svolgimento contemporaneo a tutti gli alunni del plesso, in qualsiasi condizione meteo, la pratica di scuola all’aperto.
Per la più ampia realizzazione del servizio scolastico nelle condizioni del presente scenario, gli Enti locali, le istituzioni pubbliche e private variamente operanti sul territorio, le realtà del Terzo settore e le scuole possono sottoscrivere specifici accordi, quali “Patti educativi di comunità”, ferma restando la disponibilità di adeguate risorse finanziarie. Il coinvolgimento dei vari soggetti pubblici e degli attori privati, in una logica di massima adesione al principio di sussidiarietà e di corresponsabilità educativa, avviene attraverso lo strumento della conferenza di servizi prima richiamato, chiamata a valutare le singole proposte di cooperazione e le modalità di realizzazione, attraverso i sopra menzionati accordi, che definiscano gli aspetti realizzativi […] al fine di:
– favorire la messa a disposizione di altre strutture o spazi, come parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema, musei, al fine di potervi svolgere attività didattiche complementari a quelle tradizionali, comunque volte a finalità educative;
– sostenere le autonomie scolastiche, tenuto conto delle diverse condizioni e criticità di ciascuna, nella costruzione delle collaborazioni con i diversi attori territoriali che possono concorrere all’arricchimento dell’offerta educativa, individuando finalità, ruoli e compiti di ciascuno sulla base delle risorse disponibili.L’obiettivo ultimo è quello di fornire unitarietà di visione ad un progetto organizzativo, pedagogico e didattico legato anche alle specificità e alle opportunità territoriali (da: Piano scuola 2020-2021, Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione.)

Cosa?

Le lezioni all’aperto ed in modalità diffusa si svolgerebbero pertanto nelle consuete aree rurali normalmente già ampiamente utilizzate e praticate negli ultimi tre anni dalle classi i cui insegnanti mettono in pratica la metodologia “bimbisvegli”.

Gli spazi coperti a supporto sono costituiti da tettoie, pergole, gazebo e tensostrutture e assimilati, non identificabili con spazi chiusi, sono messi a disposizione da associazioni attive sul territorio.

La modalità di scuola diffusa permetterà di identificare via via altri spazi funzionali, presenti sul territorio anche cittadino, le cui specificità potranno fungere da supporto didattico alle tematiche nelle varie discipline.

Crediamo che questa modalità possa garantire apprendimento più efficace perché esperienziale e maggiore sicurezza epidemiologica.

Crediamo che questa modalità possa garantire apprendimento più efficace perché esperienziale e maggiore sicurezza epidemiologica. La Danimarca, prima in Europa a riaprire le scuole il 15 aprile, ha visto calare i casi nazionali anche dopo (e lieve aumento a metà agosto) . La strategia: dividere le classi in gruppi e fare, dove possibile, lezione all’aperto. (Fonte Corriere della Sera)

La modalità didattica di scuola aperta diffusa ed all’aperto ancorata alla metodologia “Bimbisvegli” mi sembra opportuna per riprendere le attività didattiche in modo funzionale e particolarmente adeguato al contesto storico e sociale che stiamo attraversando. E’ importante, come avviene per l’esperienza di Asti, che alla base del progetto ci sia non solo la fruizione dell’esterno come spazio fisico, già di per sé importante per quel che comporta lo stare fuori dal punto di vista psico-fisico, ma soprattutto la visione della scuola all’aperto come ambiente di apprendimento connessa a una concezione di educazione diffusa.

Per quanto riguarda l’esperienza della scuola di Mosso esiste una sinergia simile a quella di Asti che lega gli Istituti Comprensivi di Valle Mosso – Pettinengo e di Trivero con le locali sezioni CAI. Da 2012 è stato stipulato un protocollo d’intesa scuola-CAI che individua l’ambiente montano caratteristico del nostro territorio come ambiente privilegiato di apprendimento. Non si tratta di una delega al CAI per “fare lezione” agli studenti ma di qualcosa di molto diverso. Un buon numero di insegnanti fa anche parte del CAI e costituisce il nucleo fondante per lo svolgimento di attività didattiche sul territorio che si svolgono sia in orario scolastico che alla domenica e in estate con un attivo coinvolgimento anche dei genitori. L’ambiente di apprendimento montano si estende a una gran quantità di aspetti di carattere sociale, culturale, naturalistico e in tutti questi anni ha rappresentato un’importante componente educativa e didattica. I programmi estivi sono esitati poi con una corposa proposta di appuntamenti sul territorio. Dal punto di vista pratico, in conformità alle norme CAI, non si sono usate mascherine ma è unicamente garantita la distanza di sicurezza, obiettivo facilmente raggiungibile all’esterno. (Giuseppe Paschetto)

L’approccio didattico di scuola aperta e diffusa all’aperto, va concepito come SCUOLA, ovvero un contesto formalizzato e istituzionalizzato di insegnamento e di apprendimento finalizzato a CONOSCERE IL MONDO in cui le finalità (mete di lungo periodo, orizzonti di senso per l’azione contingente) sono rese esplicite e intenzionalmente perseguite e non sono spontanee o casuali.

Non per questo si tratta di un’attività rigidamente programmata perché gli obiettivi di apprendimento attraverso i quali le finalità sono conseguite vanno gestiti nel quotidiano con un atteggiamento aperto, con attenzione più al processo che al “programma”, avendo cura di cogliere tutte le opportunità di apprendimento che i contesti/ambienti che vengono creati offrono e fare questo non solo con riferimento alle finalità e agli obiettivi dichiarati ma pronti a cogliere e a far fruttare l’inatteso.

Ancoraggio alle discipline

L’educazione diffusa, in quanto modalità peculiare di “scuola” si misura anche con le “discipline” alle quali sono ancorati i curriculi della nostra scuola (per essere riconosciuta, questa forma di scuola deve necessariamente misurarsi con l’ordinamento vigente) e per farlo assume il significato originario del costrutto di disciplina: la formalizzazione e l’astrazione di un aspetto della realtà. Ogni disciplina, quando così intesa, viene però trattata non in isolamento dalle altre ma in una prospettiva integrata in modo da ricostruire a livello concettuale l’unitarietà del sapere che caratterizza la realtà. Ed è proprio l’aver assunto la realtà come ambiente di apprendimento (come grande libro di testo) che favorisce l’integrazione delle discipline e la loro comprensione autentica.

Apprendimento esperienziale

La pedagogia Bimbisvegli assume l’esperienza come contesto e risorsa per l’apprendimento.

Già la semplice “esposizione” ad un’esperienza può generare apprendimento che sarà però prevalentemente implicito, non consapevole, non sistematizzato, ma assume anche il principio che non è l’esperienza in quanto tale a generare apprendimento ma è la riflessione sull’esperienza e nell’esperienza a potenziare l’apprendimento implicito, a renderlo consapevole e generativo.

Pur riconoscendo che la riflessione è un’attività cognitiva che avviene spontaneamente, nell’ambito della pedagogia Bimbisvegli trova posto in modo sistematico il riesame dell’esperienza compiuta attraverso l’attivazione del controllo metacognitivo e la riflessione. Strumenti possono essere domande flash oppure il portfolio e il diario di apprendimento, anch’essi oggetto di riesame e riflessione.

Didattica diffusa/decentrata

Pur restando la gestione del processo didattico nelle mani dell’insegnante, la funzione didattica può essere decentrata per alcuni aspetti presso gli alunni in forma di insegnamento tra pari, di peer tutoring, di autovalutazione, di co-valutazione, di revisione tra pari. Le funzioni di supporto e controllo, sempre in capo all’insegnante, sono esercitate nella logica del “fading”, della loro progressiva diminuzione in ragione dello sviluppo dell’autonomia cognitiva ed emozionale e dello sviluppo da parte dello studente della capacità di controllo metacognitivo, di feedback e di calibrazione della propria azione.

Valutazione come opportunità di apprendimento

La valutazione assume significato e valore nella misura in cui è funzionale al sostegno e al miglioramento dell’apprendimento e non si configura come operazione contabile sugli apprendimenti. La valutazione è pertanto finalizzata a raccogliere elementi (o “indizi”) sulla qualità dell’apprendimento in sviluppo da utilizzare come feedback per l’insegnante e l’alunno per arricchire l’apprendimento stesso. La valutazione così intesa passa dal paradigma della misurazione al paradigma indiziario (Baldacci): le osservazioni forniscono “indizi probatori” del processo di sviluppo dell’apprendimento. Sulla base di indizi si formulano ipotesi che sono provvisorie, non portano ad un giudizio cristallizzato ma critico e articolato e che mira a rendere lo studente consapevole dei criteri di qualità dell’attività per orientare i suoi sforzi successivi. (Gianni Marconato)

Il lockdown dovuto al covid-19 non è stato uguale per tutti i bambini, c’è chi ne ha sofferto di più e chi di meno, tutti quanti però sono stati bloccati nel loro bisogno di uscire di casa, di muoversi, di poter fare quelle che John Dewey definì “esperienze primarie”, caratterizzate dall’approccio diretto alla conoscenza: da distinguersi dalle “esperienze secondarie”, indirette e teoriche. Il primo tipo di esperienze è in sintonia con la mente concreta dei bambini che imparano per “immersione” nella realtà, ossia partecipando mentalmente ma anche fisicamente, muovendosi e con tutti e cinque i sensi. Il progetto qui proposto assolve a questo bisogno fondamentale legato alla conoscenza e alla crescita fisica e psichica. Aiuta anche i bambini a superare gli effetti del lungo isolamento tra le mura domestiche per acquisire nuovamente la consuetudine alla vita sociale, alla relazione affettiva non solo limitata ai propri familiari ma anche ad amici e insegnanti, nonché a recuperare specifici apprendimenti che in assenza di una scuola in presenza non si sono verificati, lasciando così lacune più o meno accentuate nella loro formazione intellettuale. I pediatri stanno notando la presenza di fobie in molti bambini che li portano a voler restare al riparo tra le mura domestiche: l’esperienza del teatro potrebbe dunque svolgere anche una funzione “terapeutica” per quei bambini ancora intimoriti dalla circolazione del covid-19. Buone anche le misure di sicurezza per la salute. (Anna Oliverio Ferraris)

Occorre assolutamente permettere alle bambine ed ai bambini in età scolare, di ritrovare l’aperto come contesto vitale ed espansivo, nel quale liberare ed esprimere la loro corporeità, il loro bisogno di muoversi, di entrare in contatto con la natura e più in generale con la vita reale che si svolge fuori dagli istituti scolastici e da quelli famigliari.

Lo stop forzato alle attività scolastiche è un’occasione per interrogarsi a fondo sulla qualità della formazione tradizionale, da molto tempo sotto giudizio per le sue evidenti insufficienze, così come sull’alternativa sperimentata in questi mesi, la didattica a distanza, che si è rivelata una pezza piuttosto fallimentare per rispondere alla richiesta di esperienza che è il perno di ogni autentico processo educativo.

Una didattica, che pone al centro la dimensione esperienziale, la transazione con la natura e il territorio, l’attività creativa e espressiva (in tutte le diramazioni possibili della cultura simbolica, dal teatro alla danza, dalla pittura alla musica, dalla composizione poetica alla fotografia e al cinema), l’esplorazione e la vita di comunità, può essere non solo un modo per offrire ai ragazzi reclusi durante l’epidemia una possibilità di riscatto ma anche un terreno di sperimentazione di un’offerta educativa più coerente con le aspettative e le possibilità dei bambini.

Qui si tratta di mettere a punto un insieme di modalità educative, già in parte presenti nel progetto Bimbisvegli condotto da Giampiero Monaca, Maria Molino e Mariagrazia Audenino, che non siano il meccanico trasferimento all’aperto di ciò che si fa normalmente a scuola. Questa ipotesi, sostenuta da alcuni, non comporterebbe alcun significativo avanzamento nella vita e nell’apprendimento dei bambini, se non una boccata d’aria meno viziata. Occorre coniugarla con un’idea forte di riattivazione del territorio, suscitando energie e risorse da esso, rendendo possibile l’interazione con molteplici figure (adulti e ragazzi che collaborino a vario titolo), con differenti contesti (dall’artigianato all’agricoltura alla zootecnica, dalle piccole imprese alle associazioni, dalle cooperative ai servizi municipali senza mancare la possibile interazione con soggetti singoli interessati a fornire il loro apporto in determinate attività), ma anche con una volontà di riformare massicciamente i contenuti dell’educazione, le modalità relazionali, il senso dell’apprendimento.

Per esempio riportando al centro il corpo e tutte le possibili attività che lo stimolino: dalle arti marziali allo sport, dalla meditazione alla bioenergetica, dal trekking alle biciclettate, dall’accampamento notturno all’animazione teatrale, dall’autoguarigione, all’educazione sessuale.

Rafforzando le attività manuali, anche in concorso con esperti della zona che offrano le loro competenze in ogni arte sensata (dalla falegnameria alla ceramica, dalla lavorazione dei metalli alle tecniche di costruzione e così via). Incrementando la conoscenza delle diverse attività presenti nella zona, offrendo eventualmente anche piccoli servizi di cura e di aiuto a chi ne avesse bisogno, proponendo brevi tirocini lavorativi in ambiti differenziati (dalla gastronomia alle piccole riparazioni, dalla preparazione di abiti e costumi alle attività in fattoria e con gli animali ecc.).

Le discipline tradizionali devono porsi al servizio, secondo l’indicazione dell’ “educazione diffusa”, delle esperienze plenarie che essere nel mondo attivamente propone continuamente e non divenire la condizione per potervi intervenire. In questo senso sono le discipline a dover configurare eventuali laboratori di approfondimento laddove le esperienze vitali non permettessero di offrire sufficiente materia per includere nozioni linguistiche, matematiche, storico-geografiche o scientifiche. Il che peraltro deve portare anche a un continuo aggiornamento dei contenuti di esperienza includendo tradizioni locali, danze, cucina, cura della terra, pratiche di orientamento nella natura, di riconoscimento di erbe, piante, fiori, animali, di manutenzione dei sentieri e così via.

Tutto questo in un clima che faccia dell’apprendimento l’effetto della pratica vitale, del tutto liberato dall’ingombro delle valutazioni che non siano sotto forma di diari, di memorie, di elaborazioni collettive, di confronti sull’efficacia operativa e cognitiva delle azioni messe in atto, sulla riflessione condivisa in momenti di colloquio o di assemblea collettiva, come la pedagogia libertaria da tanto tempo ci ha insegnato, anche per favorire la responsabilità e l’autoconsapevolezza dei soggetti coinvolti.

Riservando inoltre tempo e spazio alla libera interazione dei bambini, al gioco libero, al riposo, al piacere di essere e di stare convivialmente, ludicamente, affettuosamente.

Occorre che l’insegnante riconfiguri il suo ruolo ripensandosi come una guida indiana, come un mèntore, come un accompagnatore, come un operaio al servizio dell’esperienza. La sede o base dell’esperienza non va più pensata come classe ma come tana, covo, nido in cui ripararsi, discutere, riflettere prima e dopo le escursioni che vedano il protagonismo non solo del cosiddetto gruppo, ma di singoli, coppie, bande, coordinati e supervisionati dalle loro guide.

Una riattivazione di questo genere deve costringere i municipi e i privati interessati, nonché i genitori e le istituzioni tutte, a premere perché il paesaggio e l’architettura urbana si riconfiguri pensandosi anche e soprattutto in funzione della libera mobilità di bambini e adolescenti, in funzione della loro esperienza, liberando zone, assegnando a orari prestabili spazi normalmente destinati unicamente alla circolazione delle merci, concedendo l’uso di edifici inutilizzati, insomma modificando radicalmente la destinazione d’uso dei propri territori con la priorità di rendere possibile ai più piccoli di percorrerli senza pericolo e di ritornare ad abitarli come presenza viva, spontanea, curiosa, attiva, capace di catalizzare anche il resto del mondo adulto in ritmi e modalità di interazione sociale diversi perché inclusivi di questa popolazione da troppo tempo emarginata e reclusa nelle sedi scolastiche. (Paolo Mottana)

Per disegnare una città educante cominciando da una sua piccola parte e da un piccolo progetto sperimentale di educazione diffusa come quello qui descritto, magari trasversale a diverse porzioni di territorio (un quartiere, un parco, una rete di vie, di luoghi e di spazi aperti..) si individuerà una rete di posti adatti e compatibili con una mobilità leggera a partire da una base che funga da luogo di raccolta e autorganizzazione delle attività, dei tempi, delle mete giornaliere, dei gruppi e delle loro guide.

Mettere in pratica seppure in via sperimentale principi di educazione diffusa comporta infatti anche una serie di interventi progressivi sulla città e sul territorio in termini di recupero,riuso, trasformazione anche in progettazione e costruzione collettiva e partecipata(cfr Giancarlo De Carlo) a partire in via provvisoria da vecchie «scuole» o da centri culturali da trasformare o riadattare.

Qui alcuni suggerimenti utili che terremo presenti nello sviluppo concreto del progetto.

  • Si può pensare all’inizio,ma non solo, di disegnare un kit di strumenti per l’educazione diffusa da custodire nella “base” di partenza (un sedile, un piano portatile di lavoro, contenitori e borse leggeri e adatti a tutte le età) come la formidabile invenzione degli impressionisti che dagli atelier chiusi si diffondevano “en plein air”con in spalla il loro geniale trabiccolo mobile.
  • Aprire e unire le aule tradizionali in spazi aperti e contigui a cortili o corti aperti o trasparenti facendovi penetrare il verde in forma di orti, giardini, prati e cespugli. Con l’aiuto di genitori, artigiani, architetti-mentori volontari.
  • Cominciare ad eliminare le gerarchie di corridoi e disimpegni, di arredi emblematici come banchi, cattedre etc per ripensare e ricostruire ambiti non fatti per stare immobili ma per passare, partire, tornare, radunarsi in piccoli gruppi, concertare e preparare le attività da fare altrove, diffusamente.
  • Abbattere pareti e sostituirle con arredi mobili e postazioni di transito o breve raduno. Pensare spazi articolati con angoli e quinte mobili collegati a piccoli teatri, piani di lavoro aggregabili, piccoli soggiorni per discutere, organizzare, fare resoconti e bilanci delle differenti e diffuse attività. Una pianta ultraflessibile ed ultra mobile da costruire rapidamente di volta in volta.
  • Il colore, il verde, gli open spaces e gli interventi decorativi e mutanti di bambini e ragazzi guidati da artisti possono accompagnare il passaggio dalla “scuola chiusa” al portale, alla base. Molte suppellettili e sussidi fissi possono già da ora essere sostituiti dal virtuoso uso di un digitale autogestito.

Il passo successivo e verso una trasformazione permanente dopo la prima fase sperimentale sarebbe quello di individuare e realizzare le caratteristiche di quelli che chiamiamo base o portale e che in una fase di transizione può essere anche lo stesso edificio scolastico vecchio stile di cui abbiamo detto prima, adattabile e trasformabile con poco oppure un’altro spazio-luogo urbano baricentrico e utile allo scopo, anche semi aperto.

Una base costituirebbe a regime la sintesi di almeno una decina di vecchi reclusori scolastici. In una cittadina di venticinquemila abitanti ce ne sarebbero al massimo due. Queste le caratteristiche:

  • Dovrà avere una planimetria libera che alterna spazi coperti a spazi aperti o semiaperti e viene “penetrata” dalla città, dal verde, dagli orti dall’inizio dei percorsi verso l’esterno.
  • La pianta si comporrà quindi di ambienti aperti ma all’occorrenza separabili con poco, adatti a riunirsi e partecipare, a ricercare, preparare con lo scopo di avviare le attività nei diversi luoghi definiti nel territorio.
  • Gli arredi dovranno essere componibili e flessibili, anche autocostruiti con materiali di riuso, inventati alla bisogna con l’aiuto di mentori esperti o riciclati da altri usi mettendo alla prova la creatività di tutti.
  • Il portale avrà vetrate e percorsi che faranno percepire lo spazio esterno in ogni momento, una specie di anteprima della città, della piazza, dei giardini, della campagna.
  • I colori, i materiali, gli impianti, le infrastrutture saranno realmente sostenibili e magari prodotti di recupero e riciclo.

Nel progetto sperimentale si possono già anticipare alcune di queste idee, anche con costi veramente affrontabili, di concerto con le amministrazioni scolastiche, quelle municipali, le associazioni e i privati prevalentemente no profit. Le si sono potute studiare e anticipare in diverse fasi progressive sia nella scuola di riferimento come nei diversi luoghi scelti per le attività nel territorio in parallelo con l’avvio della “prova generale di educazione diffusa del campus estivo” che non è stata solo rivoluzione delle modalità e dei tempi di educazione ma anche e soprattutto dei luoghi e delle loro valenze intrinseche riflettentesi non solo sulla qualità dell’educazione ma anche su quella della vita della città e delle sue parti, costruite o naturali che siano. (Giuseppe Campagnoli)

Un ambiente articolato, organizzato in modo tale da offrire la possibilità di utilizzare linguaggi diversi nelle attività, corrispondente a una piccola parte di “mondo reale” permette a bambine e bambini di sperimentare diverse tipologie di problem solving, a ognuno di loro più congeniali, permettendo di interagire secondo un personale profilo di intelligenze, senza essere forzati dai linguaggi spesso avulsi dal reale e per lo più astratti, tipici dell’insegnamento scolastico tradizionalmente inteso.

Una forte potenzialità di inclusione sprigiona per questi motivi dalle scelte operate, attraverso l’offerta di una vasta gamma di opportunità insite nel “reale”, funzionali a innescare curiosità, esplorazioni, ricerca di soluzioni e sperimentazione di ruoli.

La progettazione, che risulta utilizzare in modo massiccio la modalità ludica ed esperienziale quale incentivo all’apprendimento significativo, si rivela particolarmente utile a fornire il necessario tempo di smaltimento delle scorie tossiche di tipo psicologico, verosimilmente accumulate nel periodo di chiusura e di sospensione delle lezioni in presenza. Va sottolineata, tuttavia, accanto a questa, la funzione dei formati di gioco come fondamentali strutture indirizzate all’apprendimento, non solo di contenuti, ma soprattutto come forme di sperimentazione ludica della assunzione di futuri ruoli sociali, funzionali a  sostenere la costruzione della propria identità, che vede nei primi anni di vita un periodo particolarmente fertile. (Paola Nicolini)

Soprattutto con i bambini non si dovrebbe tenere in considerazione solo il rischio sanitario: bisognerebbe anche soppesare bene gli inconvenienti che un’eccessiva ospedalizzazione della scuola può causare dal punto di vista dello sviluppo emotivo e cognitivo. In Francia per esempio la mascherina a scuola è prescritta solo dalle medie in su. Novara cita uno studio del Gaslini sugli effetti del lockdown nei bambini da 3 a 10 anni: il 70 per cento ha accusato problemi comportamentali. Chi è regredito, chi si è fatto più aggressivo, per non parlare dell’aumento dei tic. «I più colpiti sono stati i figli unici che vivevano in un appartamento magari piccolo di città e non potevano nemmeno scendere in cortile. Ma come si può pensare di aiutarli a recuperare quanto hanno perso in quei tre mesi – che per loro valgono tre anni – se li facciamo tornare in scuole trasformate in infermerie?». (Daniele Novara)

Desidero manifestare il mio sincero apprezzamento per il progetto di scuola aperta e diffusa.

Credo che soprattutto in un’epoca come quella che stiamo attraversando a causa della pandemia in atto sia necessario industriarsi per trovare modalitá sostenibili per educare i bambini, nell’accezione piú ampia che questo termine puó avere. Il progetto concepito non si limita peró a questo, ma consente di rispettare le linee guida del MIUR adattandole ai bisogni specifici di ciascun bambino, valorizzandolo e utilizzando le sue caratteristiche individuali come punto di partenza per la costruzione di un intervento educativo su misura.

Come Presidente UNICEF del Comitato di Asti non posso che congratularmi con il gruppo di lavoro che adotta la metodologia Bimbisvegli presso la scuola di Serravalle d’Asti e per questo ed offrire il nostro modesto contributo mettendo a disposizione i locali dell’Unicef in piazza Roma 4, Asti, come punto di appoggio per le attivitá dei bambini nel centro storico. Le finalità e le pratiche sistematizzate in questo progetto infatti, sono pienamente rispondenti ed attuative dei criteri della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia. (Gloria Fasano)

Come?

Organizzazione spazi interni

Nonostante prevediamo l’utilizzo semi esclusivo degli spazi all’aperto, riteniamo di poter suggerire alcune strategie particolarmente non onerose che permetteranno all’istituzione scolastica un cospicuo risparmio di risorse economiche, per adeguare i locali scolastici alle norme anti covid, senza venir meno agli obiettivi educativi ideali che ci siamo prefissi , questo servirà a far sì che, all’ingresso in scuola per uso dei servizi igienici o per occasionali attività dettate da esigenze specifiche, essa sia percepita dai bambini come luogo sicuro e rassicurante.

Arredi:

in considerazione del fatto che l’edificio scolastico sarà frequentato soltanto più in modo occasionale e con precise intenzionalità, mai da tutti gli alunni in una volta sola, al fine di non stravolgere il setting , di non richiedere onerosi, quanto superflui, spostamenti di arredi ai collaboratori, chiediamo che ogni arredo sia lasciato al proprio posto, introducendo invece un limite numerico di utilizzo di ogni spazio. Qaundo, eventualmente, ad un gruppo classe o verticale occorrerà uno spazio interno alla scuola, d’accordo con le colleghe ed i colleghi del plesso, gli insegnanti andranno ad occupare l’aula più idonea. Nno avremo quindi per quest’anno aule assegnate alle singole classi, ma aule laboratorio con limite di accesso.

Materiale di cancelleria

Per quanto riguarda il materiale comune, essendo una caratteristica significativa per un approccio cooperativo, abbiamo pensato a questa soluzione: all’ingresso in classe ogni alunno prende , senza affollarsi , biro matita gomma e necessario per scrivere (già sanificate) che verranno utilizzate dal bambino per tutto il tempo, al termine dell’utilizzo esse vengono riposte in apposito contenitore che consente l’immissione del prodotto sanificante a norma anti covid (esattamente come viene fatto in negozi di abbigliamento) . Al termine di ogni utilizzo la sanificazione consente al successivo utilizzatore di avere materiale virologicamente innocuo.

Se vi fossero impedimenti di carattere economico ad impedimento di questa procedura , essi sarebbero acquistati attraverso finanziamento esterno e donati alla scuola.

Segnaletica per posizionamento banchi

Per quanto riguarda gli adesivi , chiediamo che non vengano usate striscie di nastro giallo/nero o rosso/nero associato generalmente a situazione di pericolo ed ansiogeni bensì piccoli “bollini” di colore vivace e ben visibile in adesivo calpestabile di misura almeno 5×5 cm, in corrispondenza del punto ove devono essere posizionate le gambe dei tavoli .

Questa soluzione , tra l’altro permette di risparmiare moltissimo materiale risultando quindi notevolmente meno onerosa per la scuola.

Infine, dato che essa sarà la modalità prevalente con la quale intendiamo portare avanti la didattica in presenza , chiediamo che sia espressamente contemplata , giacchè prevista dalle linee guida ministeriali per la riapertura in sicurezza, la modalità di scuola all’aperto.

Accoglienza e prolungamento tempo attività didattico esperienziali

Come per gli anni passati, intendiamo attivare il servizio prescuola in modo tale da garantire quanto più ingressi scaglionati e distanziati e il progetto “a scuola volentieri” che consentirà il prolungamento delle attività didattico esperienziali. Tali servizi saranno assicurati dalla cooperazione sinergica con Agathon s.n.c , ass. Bimbisvegli o.d.v. e Pro Loco di Serravalle.

Nello specifico

  • All’arrivo le alunne e gli alunni vanno ad occupae spazi pen definiti e delimitati nelle varie parti del cortile assistiti dagli incaricari all’accoglienza (volontari esterni o SCV o insegnanti in base ad orario e mansione)
  • si procede ad assolvere le procedure anticovid, registrare assenze , e provvedere a procedure mensa ed eticamensa.
  • Ogni gruppo , classe o verticale, viene associato all’insegnante o adulto di riferimento e iniziano le attività didattiche all’aperto concordate collegialmente in fase di riunione di programmazione settimanale ed orario .
  • Eventuali materiali vengono fatti trovare dagli insegnanti o in alternativa vengono presi dagli alunni. L’accesso all’edificio avviene secondo normative anticovid vigenti.
  • I gruppi si spostano nelle aree aperte e negli spazi aperti riparati specifici scelti per le attività e al momento opportuno vengono fatti ruotare accompagnandoli dal docente successivo ovvero vengono da esso raggiunti .
  • Un volontario (salvo eventuale disponibilità ATA) è sempre a disposizione per accompagnare i bambini verso la scuola in caso di impellenti bisogni corporali. L’accesso all’edificio avviene secondo normative anticovid vigenti.
  • Al momento del pranzo i gruppi vengono accompagnati a lavare le mani e successivamente al locale mensa ove ricevono e consumano il pasto . L’accesso all’edificio avviene secondo normative anticovid vigenti.
  • Al termine del pasto avviene il cambio e il gruppo che ha già pranzato, dopo eventuale igiene dentale esce per intervallo post prandiale ed attività didattiche pomeridiane.
  • Al termine delle attività scolastiche tutti ritornano ne cortile interno prendendo posizione nelle aree definite per il loro gruppo in attesa dell’arrivo dei genitori o del trasporto collettivo pubblico.
  • Alle famiglie viene caldamente richiesta la collaborazione per il mantenimento dell’isolamento del carico virale , pertanto si chiede che ciascun bambino , faccia doccia saponata quotidiana immediatamente dopo essere arrivato in casa.

Ci auguriamo che i risultati del nostro impegno progettuale possano essere messi a disposizione dell’intero 5 circolo didattico di Asti.

Gli insegnanti del team aderenti alla metodologia Bimbisvegli

Mariagrazia Audenino

Maria Molino

Giampiero Monaca

il comitato scientifico di riferimento

Paola Nicolini Psicologa e psicoterapeuta, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Macerata. Assessora con delega alle politiche sociali e alle Città sostenibili delle bambine e dei bambini al Comune di Recanati.

Anna Oliverio Ferraris Scrittrice, psicoterapeuta, prof. emerito di psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma. Ha partecipato e continua a partecipare a numerosi convegni culturali e conferenze, sia in Italia che all’estero. Ha organizzato e partecipato in qualità di docente a corsi di formazione sui problemi della crescita, i nuovi media, il disadattamento, il bullismo, i fattori protettivi e il recupero, l’adolescenza, la devianza minorile, la pedofilia, l’adozione, la comunicazione in classe e in famiglia, rivolti a insegnanti, pediatri, psicologi, psicoterapeuti e associazioni di genitori. Collabora regolarmente e da anni con le seguenti riviste: “Vita Scolastica”, “La scuola dell’infanzia”, “Vita dell’infanzia”, “Prometeo”. Dirige la rivista degli psicologi italiani “Psicologia Contemporanea”. E’ stata collaboratore fisso per molti anni del Corriere Salute (Corriere della sera) e ora scrive saltuariamente su alcuni quotidiani e altre riviste.

Antonino Attanasio Avvocato esperto di diritto tributario e diritto delle nuove tecnologie informatiche.

Giuseppe Campagnoli architetto non praticante, ricercatore e saggista operante nel campo dell’educazione, dell’architettura per l’educazione e la cultura nonché della formazione in campo artistico. Già docente e direttore di scuole artistiche. Responsabile dal 2000 al 2006 dell’Ufficio Studi presso la Direzione Scolastica Regionale per le Marche del MIUR. Fino al 2012 nella lista degli esperti dell’ Education, Audiovisual and Culture Executive Agency della Commissione Europea e dell’UNESCO nel campo della cultura dell’education e della creatività. Fondatore e Amministratore del Blog multidisciplinare ReseArt.com dove scrive di scuola, architettura, arte, politica e varia umanità. Coredattore e firma del “Manifesto della educazione diffusa” pubblicato nel 2018 . Collaboratore occasionale della rivista on line Comune-info.net, della Rivista dell’istruzione, Education2.0, Terra Nuova Edizioni,Innovatio educativa. Ha pubblicato saggi, articoli e libri di scuola e di architettura per la cultura e l’educazione.

Gianni Marconato Laureato in psicologia nel 1980 ha sempre lavorato nel mondo della formazione e dell’istruzione.In ambito didattico , orientato a paradigmi che privilegiano la centratura sull’apprendimento e sulla persona che apprende. Maggiormente attento al perseguimento dell’efficacia della didattica che alla sua “innovazione”. Dopo aver diretto un ente nazionale di formazione di un’organizzazione imprenditoriale, dal 1992 lavora come libero professionista.Svolge attività di consulenza didattica e di formazione per organizzazioni pubbliche e private in varie parti d’Italia. Si occupa di istruzione e formazione iniziale e continua e svolgendo attività di formazione in presenza ed a distanza. Progetta e sviluppa ambienti di apprendimento on-line privilegiando approccio orientati al problem solving e basati su attività di apprendimento come l’Ask System e i Cognitive Flexibility Hypetexts. Ha lavorato a lungo per la Provincia di Bolzano per implementare il sistema di tecnologie per la didattica Copernicus e Pionieri. Per conto delle province di Trento e Bolzano e della Regione Sardegna ha svolto attività di formazione e di progettazione per competenze nell’apprendistato. Ha tenuto e tiene attualmente insegnamenti a contratto presso le università di Padova, Verona e Cagliari.Ha svolto e svolge attività di formazione per insegnanti di scuole di ogni ordine e grado e di centri di formazione sulla didattica con e senza le tecnologie.Nelle scuola del primo e del secondo ciclo d’istruzione sta lavorando sulle tematiche dello sviluppo del curricolo d’istituto anche nella prospettiva delle competenze e su strategie di insegnamento e apprendimento che promuovono l’apprendimento significativo.

Paolo Mottana Professore ordinario di filosofia dell’educazione e pedagogia immaginale presso l’Università di Milano Bicocca. Ha insegnato Filosofia immaginale e didattica artistica all’Accademia di Brera e da anni si occupa dei rapporti tra immaginario, filosofia ed educazione. Ha fondato il Gruppo di ricerca immaginale presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Milano Bicocca e presiede l’Associazione Istituto di Ricerche Immaginali e Simboliche (IRIS). Scrive un blog nel suo sito www.paolomottana.it nel quale sviluppa una politica culturale all’insegna dell’affermazione vitale dei soggetti in formazione e in conflitto con le pratiche di disciplinamento diffuse nelle agenzie di formazione istituzionali . Dirige un Master universitario presso l’Università di Milano Bicocca dal titolo “Culture simboliche per le professioni dell’arte, dell’educazione e della cura”. Tra le sue pubblicazioni: Formazione e affetti (Armando, 1993); Il mèntore come antimaestro (a cura di, CLUEB 1996); Miti d’oggi nell’educazione. E opportune contromisure (Angeli 2000); L’opera dello sguardo (Moretti e Vitali, 2002); La visione smeraldina. Introduzione alla pedagogia immaginale (Mimesis, 2004); Antipedagogie del piacere: Sade e Fourier e altri erotismi (Angeli, 2008); L’immaginario della scuola ( a cura di, Mimesis 2009); L’arte che non muore. L’immaginale contemporaneo (Mimesis, 2010); Eros, Dioniso e altri bambini. Scorribande pedagogiche (Angeli, 2010); Piccolo manuale di controeducazione, (Mimesis, 2012); Spacco tutto. Violenza e educazione (a cura di, Mimesis,2013), Cattivi maestri. La controeducazione di René Schérer, Raoul Vaneigem, Hakim Bey, Castelvecchi, Roma, 2014, La gaia educazione, Mimesis, Milano 2015; Elogio delle voluttà. Per una gaia educazione sessuale, Mimesis, 2019; La città educante. Manifesto dell’educazione diffusa (con G.Campagnoli), Asterios, 2017; L’ipergesto. Disseminare utopia, Asterios, 2017; Cauda pavonis. Trasmutazione attraverso l’arte simbolica, Mimesis, 2020; Educazione diffusa. Istruzioni per l’uso (con G.Campagnoli), Terra Nuova, 2020

Giuseppe Paschetto Nato a Cossato (BI) nel 1955, laureato in chimica, insegnante alla scuola secondaria di I grado di Mosso (BI) dal 1983 al 2019. Assessore all’ambiente e vicesindaco di Cossato dal 1980 al 1993. Finalista (top 50) del Global Teacher Prize a Dubai nel 2019, membro della Varkey Teachers Ambassadors di Londra, consulente per l’innovazione e la formazione della ministra dell’istruzione da gennaio 2020. Collaboratore di Focus Scuola, RAI scuola e RAI gulp. Formatore di metodologia didattica e educazione ambientale. Coordinatore del Gruppo Alpinistico Scolastico del CAI di Mosso e Trivero.

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